160409 corsoitaliaSilenzio.
Alle soglie del paese non odo più le sirene della politica;
ma odo i richiami austeri degli edifici che parlano.

Senti?
Le scuole Quaquarelli lodano la lunga attesa per gli impianti a norma;
ma odo parole sincere che parlano di tante altre cose che potevano già esserci prima del terremoto.

A poco a poco cresce la supplica delle scuole Mezzacasa;
in lontananza anche la palestra Tirapani fa sentire la sua voce;
la biblioteca San Salvatore e il municipio hanno quasi la stessa intonazione,
mentre la materna Antonangeli canta la sua parte e l’asilo Meraviglia un’altra ancora.
Si leva in coro la litania dei tanti edifici in ansia per la sicurezza della gente:
messa a norma finalmente?

Ascolta.
Risponde al coro la pioggia che entra dalle vetrate sparse nel Centro civico di Decima, tristemente, da anni, da sempre.

Piove dentro la palestra Francesco Mezzacasa e pure sul pavimento della Dorando Pietri.

Piove dove c’era la baracchina in fretta e furia seppellita;
piove sui piccioni delle vecchia scuola elementare che forse mai verrà più ringiovanita;
piove sul campo sportivo abbandonato cui han tolto la vita.

Piove sugli studenti che aspettano l’autobus all’Akkatà senza piazzola e pensilina;
poi bagna anche il ciglio privo di marciapiedi in via Biancolina.

Cade la pioggia poco più avanti sui treni,
sulla stazione,
quasi che l’acqua aiuti a ingannar l’attesa della sua riqualificazione.

La pioggia cade su Corso Italia;
cangia l’asfalto in rosso Verona;
tanto che in Corso Venezia il suo nome varia.

Piove a intermittenza su via Cappuccini,
sul photored,
sul semaforo e sulle sue confluenze,
sì che par che il rosso scatti sempre.

Piove a tratti sulle telecamere di sorveglianza;
molle di pioggia è la sicurezza per la cittadinanza,
che di lassù oramai scorge solo qualche umida goccia di lagnanza.

Piove sui lampioni che si spengono da soli tanto sono intelligenti;
piove a Tivoli sui lampioni latenti; piove alla rotonda Lidl sui lampioni dormienti;
tremano, si spengono, risorgono, ancor tremano e più lumi restano spenti.

Piove di bidone in bidone (chissà dove? Chissà dove?);
piove di casa in casa;
piove sulla differenziata e su ogni facciata deturpata.

Piove su la rete cabriolet, ecco perché s’allenta internet,
mica solo a me,
chissà dov’è? Chissà dov’è?
Muto è!
Per collegarti neanche basta il reset.

Ascolta, ascolta.
Senza manutenzione e decoro urbano, piove sul bagnato!
Non piove solo su chi è sì fortunato che dal Comune ha l’ombrello pagato.

Capisci?
Altrimenti è pioggia sul bagnato,
sulle nostre speranze,
su la favola di viver bene che ieri c’illuse,
che oggi t’illude,
o Sangio!