FXCD0011Qualsiasi azione di miglioramento dei servizi per l’infanzia e di investimento in capitale umano si fonda sull’analisi del rapporto tra domanda e offerta sul territorio comunale. Cosa che finora non è stato possibile completare perché l’amministrazione dimissionaria ha sempre bocciato le richieste (mozioni ed emendamenti) di rendere trasparenti i dati sui servizi in esame.

Di qui la necessità di un lavoro certosino effettuato sulle fonti disponibili per ricostruire l’ultimo anno scolastico dove più di 1.000 bambini sono andati all’asilo – quasi 300 al nido e poco meno di 800 alla scuola d’infanzia – in 9 strutture sia pubbliche che private (3 comunali, 1 comunale in appalto, 4 paritarie convenzionate, 1 privata convenzionata), tutte accomunate dagli stessi standard di legge (L.R. n. 6 del 22/6/2012). Nell’anno in esame il Comune ha speso circa 3,5 milioni di euro (quasi 1,8ml per il nido, poco meno di 1,7 ml per la scuola d’infanzia) al netto delle rette mensili pagate dalle famiglie e dei costi indiretti. La stima del costo medio annuale di un bambino al comune risulta essere quasi di 6.000€ per il nido e poco più di 2.000€ per la scuola d’infanzia.

Quando però si sono confrontati i costi sostenuti dal Comune per le singole strutture sono emerse preferenze e disparità ragguardevoli (figli e figliastri?) a seconda che si tratti di struttura comunale, in appalto, paritaria convenzionata o privata convenzionata.

Nel nido comunale un bambino costa 8.000€ all’anno, in una paritaria 2.750€ mentre nell’unico privato convenzionato un bambino costa 3.800€. Ancora, nella scuola d’infanzia comunale un bambino costa mediamente 3.500€ contro i 700€ di rimborso per un bambino iscritto alla paritaria. Sperequazioni evidenti senza capire come il Comune abbia potuto sostenere costi così diversi per lo stesso servizio educativo.

Per questa ragione, noi civici proponiamo anzitutto di istituire il monitoraggio permanente dei servizi per l’infanzia, perché solo con i dati alla mano si hanno dei criteri per valutare e decidere in modo non casuale. Il piano di monitoraggio prevede non solo la restituzione quantitativa delle attività realizzate, ma anche la restituzione delle informazioni sui risultati qualitativi ottenuti.

In secondo luogo, proponiamo di passare gradualmente dall’attuale sistema in cui sono finanziate le strutture, ad una nuova organizzazione dove viene incentivata direttamente la persona, cioè la famiglia del bimbo. Tramite il voucher – contributo economico per la frequenza ai servizi per l’infanzia – il comune sosterrà le famiglie che hanno veramente necessità (sulla base di specifici requisiti e documentate condizioni economiche) di un aiuto economico per far fronte al costo della retta.

La nuova politica di servizi per l’infanzia crede nella famiglia, crede nella sua libertà di scegliere la struttura che offre il servizio migliore, ad esempio in termini di flessibilità, qualità e modelli educativi proposti. Riscoprire che il beneficiario dei contributi è anzitutto la persona, la quale ha il libero arbitrio di decidere quale servizio e quale struttura scegliere, consente di ritrovare la giusta prospettiva. In secondo luogo, è ragionevole riconoscere che all’accresciuta libertà di scelta della persona non potrà che corrispondere una più elevata qualità dell’offerta dei servizi.

Ogni bambino è motivo di speranza per la famiglia e la comunità.