Nell’ottobre del 1575 Marcantonio Corsini, rappresentante della città di Verona la cui produzione tessile era totalmente paralizzata per via della quarantena imposta sulla città a causa della peste, si recò a Venezia per ottenere la sospensione del blocco. Il Corsini riferì che molte persone erano morte di fame a causa della disoccupazione ed aggiungeva che i disoccupati non potevano sperare in alcun aiuto poiché si trovavano imprigionati in una città in quarantena.

L’Italia dei secoli XV, XVI e XVII era all’avanguardia in Europa per quanto riguardava l’organizzazione sanitaria pubblica. La cosa aveva i suoi lati positivi ma anche i suoi lati negativi soprattutto a causa delle erronee teorie mediche prevalenti. Quando una città veniva invasa alla peste, il sistema di Uffici di Sanità di tutta l’Italia settentrionale faceva immediatamente scattare l’allarme e si metteva prontamente in moto provvedendo come misura immediata a quarantenare la città colpita alla peste. Ciò significava interdizione di ogni rapporto di comunicazione o di scambio. La città colpita veniva a trovarsi in completo isolamento con il conseguente arresto dei traffici e delle esportazioni e quindi il crollo completo di ogni attività commerciale e manifatturiero.

(Miasmi e Umori, Carlo Cipolla)

Chi ignora il passato è condannato a ripeterlo.