desertoDagli anni ottanta quote sempre maggiori di ricchezza locale sono state sottratte al Comune per essere gestite attraverso le società partecipate.

A Persiceto dove c’è stata praticamente sempre la stessa maggioranza politica, le società partecipate hanno raggiunto il numero record di 19 e gestiscono di tutto: dai rifiuti ai pasti, dai cimiteri alle zanzare.

Con risorse economiche pubbliche dei cittadini hanno creato società esterne al Consiglio comunale ed estranee ai cittadini, che si sono impadronite dell’economia locale.

Basta sommare le 9 partecipate dove il Comune ha una quota di almeno il 5% per rendersene conto: oltre 45 milioni di euro di fatturato con più di 400 lavoratori dipendenti!

Numeri impressionanti che fanno delle partecipate la più grande azienda locale, in grado di alterare la concorrenza e sfilare quote di mercato alle imprese private, con la differenza che l’imprenditore pubblico non rischia nulla per definizione.

Le società partecipate furono inventate per finanziare riserve di potere esclusive, sotto le mentite spoglie di imprese di mercato, alternative ai luoghi della democrazia dove si possono distribuire poltrone, incarichi, posti di lavoro e forniture, senza tutte le seccature delle procedure pubbliche.

Unico freno al loro strapotere resta il dovere della giunta di riferirne al consiglio comunale. Testualmente, lo Statuto comunale dispone che: “La Giunta riferisce, annualmente, al Consiglio Comunale in merito all’attività svolta e ai risultati conseguiti dagli enti, istituzioni, aziende e società a partecipazione comunale”. L’abbiamo chiesto decine di volte, fatto interpellanze in consiglio comunale e c’è pure una mozione, ma l’ex sindaco e la sua giunta non hanno mai voluto riferire in consiglio sui risultati raggiunti dalle partecipate.

Come si può valutare ciò che non si riesce sapere?

I cittadini devono essere messi nella condizione di giudicare l’economicità e l’efficienza gestionale di ciascuna società partecipata.

Oltre ai decreti di nomina dei rappresentanti del Comune in ogni società partecipata (si veda capitolo “più trasparenza”), noi civici proponiamo due soluzioni complementari.

Primo, riferire ogni anno in Consiglio Comunale sull’attività realizzata e i risultati conseguiti da ogni partecipata così come stabilito dall’art 63 dello Statuto Comunale. Ciò almeno per ripristinare la legalità, dato che la prima regola di ogni democrazia è quella di rispettare le regole. Senza dimenticare poi che trasparenza sulle partecipate vuol dire più controllo da parte dell’opinione pubblica e quindi maggiore efficienza.

Secondo, conservare solo le società partecipate che sono strettamente necessarie per il perseguimento delle finalità istituzionali del Comune ai sensi della legge 244/2007 art. 3 comma 27. Il loro campo d’azione va limitato ai compiti istituzionali che verosimilmente non consistono nella produzione di beni e servizi che possono essere forniti dai privati.

In sintesi, le partecipate hanno senso solo se rientrano nelle finalità istituzionali dell’ente di controllo. Il ruolo del comune, attraverso le partecipate, come competitore economico è un ruolo da eliminare, da ridurre ai minimi termini, per liberare lo sviluppo del paese e tornare a crescere.