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Digerita la pasquetta, i civici sono già all’opera.
Civismo come alternativa al sistema di potere dei partiti significa ricondurre la politica alla persona, senza aver paura di riscoprire la sua essenza libertaria, cioè la sua libertà di pensiero e di azione come valore supremo.
Primo, proclamare l’autodeterminazione della persona (non tanto quella astratta dei popoli, ma quella dell’uomo che si determina secondo la propria volontà) permette di collocarsi nella giusta prospettiva.
Secondo, è ragionevole riconoscere in questa presa di coscienza una questione di sopravvivenza che spiega la necessità di organizzarci autonomamente per la nostra tutela.
Infine, l’agire – e non eseguire – comporta l’accettazione della fatica di lavorare ad invarianza normativa, il riconoscimento della capacità d’individuare, difendere, allargare gli spazi di libertà nei muri eretti dai legislatori.
La dimensione liberale del civismo, qui appena richiamata, non si contrappone a quella valoriale umanistica, ma la esplicita pienamente.
Viceversa, la perdita dei valori non è mai solo una questione intellettuale, ma implica sempre gravi conseguenza politiche ed economiche e oggi lo vediamo più che mai. Una crisi finanziaria è sempre anche una crisi morale in cui non si sa più cosa sia la grandezza umana.
Non andrà quindi annunciata pedantemente, ma va certamente tradotta in autentici progetti politici di umanesimo liberale. E la misura di quanto ce ne sia bisogno ce la danno le forze politiche che non hanno e non fanno più progetti.
Sono queste le ragioni della “Scuola Civica di Formazione Politica” volta a sperimentare le competenze necessarie per definire e attuare progetti umanistici e liberali fondati sulle politiche che danno vita alla vita: verità, libertà, giustizia, bellezza.
Anche perché come ci ha ricordato Piero Ostellino viviamo in “Un paese, che non sa risollevarsi e non ci prova neppure perché la sua crisi politica, economica, civile è culturale; a sua volta il prodotto di una scuola passatista e antimodernista, ancora governata dai reduci del gramscismo e dal cosiddetto cattolicesimo democratico, parodia solidaristica, confessionale, parimenti velleitaria e fondamentalmente totalitaria dell’egualitarismo comunista”.
Oltre a denunciare questo stato di cose, il civismo è ormai un progetto di umanesimo liberale per diventare protagonisti di un futuro che non dipende più dagli altri, ma dalla nostra capacità di imparare facendo, di cambiare la politica insieme.
Perché una vita piena di senso è quella capace di creare verità, libertà, giustizia, bellezza.