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Il Comune è fatto per il cittadino, non il cittadino per il Comune.
Non sono le persone che si devono adattare alla burocrazia dell’amministrazione comunale.
La complicazione burocratica si mangia il lavoro del nostro paese: il 5% del PIL viene divorato dai vari livelli di governo, 70 miliardi in meno ogni anno.
Tecnologia e trasparenza come soluzione?
Se ne parla da anni, ma con poco costrutto.
Proprio ieri, la direttrice (voluta da Renzi) dell’Agenda per l’Italia Digitale (istituita da Monti), dà le dimissioni con la consueta coda polemica: “il 90% delle cose che vengono raccontate non sono vere”.
Un conto è lodare il superamento dei limiti del cartaceo, altro è smaterializzare la burocrazia e renderla trasparente.
Come ben insegna Carlo Lottieri: “Da un lato, i governanti si celano e per molti versi le loro pratiche si fanno sempre più nascoste; dall’altro, la società perde ogni protezione e alla fine si ritrova disarmata di fronte agli organi incaricati di gestire e controllare la vita sociale” (cit. da “Credere nello Stato?”).
Dunque, anche qui bisogna fare i conti la realtà.
Ad esempio, non è di grande aiuto scaricare dal sito del Comune di Persiceto il “Programma triennale per la trasparenza e l’integrità 2014-2016”, se poi debbo esaminare il bilancio senza neanche sapere chi prende i soldi e per che cosa.
O peggio, quando il Comune dice che l’Albo Pretorio è on line, mentre non riesco a trovare nemmeno la Determina del Dirigente che cercavo.
Digitalizzare non significa trasferire la burocrazia sul web, ma riprogettare e semplificare i processi amministrativi del nostro Comune.

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